top of page

Insieme

Da Domenica 7 novembre
AVVENTO: INTRAVEDERE GLI SPIRAGLI DI LUCE
L’Avvento, nell’emisfero nord del nostro pianeta, cade nel periodo dell’anno in cui la luce del giorno decresce in durata e intensità fino al solstizio di inverno, momento dal quale inizia la graduale ripresa. Il tempo dell’Avvento, anche nel suo significato liturgico e di esperienza cristiana, non è un tempo di luci, ma di spiragli di luce, di fessure attraverso le quali giunge a noi la speranza, accesa e alimentata dalle parole del profeta: Il vostro liberatore verrà, non tarderà. È un tempo nel quale «osiamo sperare vigilanti nell’attesa», con gli occhi aperti, pronti a guardare alla storia, a questa nostra storia, che vive il dramma della pandemia, non in maniera fatalistica e oltre ogni pessimismo, perché le nostre radici sono nel cuore stesso di Dio.
L’Avvento è abitato da sentinelle, con gli occhi sempre aperti, attente ai segni che annunciano la venuta del Signore; è uno spazio e un tempo per uomini e donne di speranza certi di ricevere dal natale di Gesù non solo un supplemento di vita, ma una nuova Vita. Al termine dell’Avvento non ci attende la visione del Signore, seduto con maestà nella gloria, circondato dagli angeli, ma l’incontro con un bambino avvolto in fasce, nato in una notte illuminata solo dalle stelle, perché Dio preferisce la loro luce mite, perché non si impone ma si propone, perché non appare come un bagliore ma come lampada che illumina i passi di ogni uomo a fianco del quale, accostandosi, egli cammina.
Da Domenica 24 ottobre
«Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20)
Quando sperimentiamo la forza dell’amore di Dio, quando riconosciamo la sua presenza di Padre nella nostra vita personale e comunitaria, non possiamo fare a meno di annunciare e condividere ciò che abbiamo visto e ascoltato. La relazione di Gesù con i suoi discepoli, la sua umanità che ci si rivela nel mistero dell’Incarnazione, nel suo Vangelo e nella sua Pasqua ci mostrano fino a che punto Dio ama la nostra umanità e fa proprie le nostre gioie e le nostre sofferenze, i nostri desideri e le nostre angosce Tutto in Cristo ci ricorda che il mondo in cui viviamo e il suo bisogno di redenzione non gli sono estranei e ci chiama anche a sentirci parte attiva di questa missione: «Andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli» (Mt 22,9). Nessuno è estraneo, nessuno può sentirsi estraneo o lontano rispetto a questo amore di compassione. La storia dell’evangelizzazione comincia con una ricerca appassionata del Signore che chiama e vuole stabilire con ogni persona, lì dove si trova, un dialogo di amicizia (cfr Gv 15,12-17). Gli Apostoli sono i primi a riferirci questo, ricordando perfino il giorno e l’ora in cui lo incontrarono: «Erano circa le quattro del pomeriggio» (Gv 1,39). L’amicizia con il Signore, vederlo curare i malati, mangiare con i peccatori, nutrire gli affamati, avvicinarsi agli esclusi, toccare gli impuri, identificarsi con i bisognosi, invitare alle beatitudini, insegnare in maniera nuova e piena di autorità, lascia un’impronta indelebile, capace di suscitare stupore e una gioia espansiva e gratuita che non si può contenere. Come diceva il profeta Geremia, questa esperienza è il fuoco ardente della sua presenza attiva nel nostro cuore che ci spinge alla missione, benché a volte comporti sacrifici e incomprensioni (cfr 20,7-9). L’amore è sempre in movimento e ci pone in movimento per condividere l’annuncio più bello e fonte di speranza: «Abbiamo trovato il Messia» (Gv 1,41). Con Gesù abbiamo visto, ascoltato e toccato che le cose possono essere diverse. Lui ha inaugurato, già oggi, i tempi futuri ricordandoci una caratteristica essenziale del nostro essere umani, tante volte dimenticata: «siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore». Tempi nuovi che suscitano una fede in grado di dare impulso a iniziative e plasmare comunità, a partire da uomini e donne che imparano a farsi carico della fragilità propria e degli altri, promuovendo la fraternità e l’amicizia sociale. La comunità ecclesiale mostra la sua bellezza ogni volta che ricorda con gratitudine che il Signore ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,19). La «predilezione amorosa del Signore ci sorprende, e lo stupore, per sua natura, non può essere posseduto né imposto da noi. […] Solo così può fiorire il miracolo della gratuità, del dono gratuito di sé. Anche il fervore missionario non si può mai ottenere in conseguenza di un ragionamento o un calcolo. Il mettersi “in stato di missione” è un riflesso della gratitudine».
Da Domenica 17 ottobre
LA GIORNATA DELLA MERAVIGLIA
La Giornata della Meraviglia nasce per sensibilizzare tutti quanti sul fatto che ogni Bimbo debba poter godere del dono grande della Meraviglia. Con un unico ed importante scopo solidale e benefico. Tutto questo purtroppo è negato ai bimbi che vivono la guerra, che spesso hanno come unico loro orizzonte le macerie dei conflitti. Tener viva la Meraviglia del Bambino fa sì che egli stesso possa andare oltre le macerie così da immaginare un mondo quantomeno diverso, alternativo alla desolata distruzione che quotidianamente lo circonda. Il 17 ottobre la Giornata della meraviglia si terrà in Siria, in Iraq e nella Striscia di Gaza, e in più di 30 piazze italiane. Laboratori e spettacoli per bambini di ogni tipo, sempre alla ricerca della Meraviglia. Durante la giornata verrà proposto a tutte le piazze il laboratorio “Le dodici “fatiche” dei Bimbi della guerra” per sensibilizzare sulle problematiche legate ai Bambini che vivono nelle zone di guerra.
Da Domenica 10 ottobre
CRESIME
Sarà un giorno importante per i vostri figli, ma anche per tutti noi, che li abbiamo seguiti in questi anni con l’affetto e la fiducia che, con l’aiuto del Signore, crescendo riusciranno a fare del bene nella loro vita ed essere un po’ “ benedizione” per gli altri! In questa fiducia noi li affidiamo al Signore! Proprio come qualcuno che parte per un viaggio. Gli sono state fatte le ultime raccomandazioni, lo abbiamo aiutato a mettere lo zaino sulle spalle e lo guardiamo allontanarsi … Affidati al Signore Gesù e allo Spirito Santo, continueremo a pregare per loro, ma anche per voi perché non pensiate che tutto sia finito. L’età in cui stanno entrando è complessa, anche se sembra prevalere la superficialità, l’ essere a volte un po’ fuori, il prendere tutto con approssimazione, oppure il rinchiudersi in se contestando tutto e tutti, cercando di fuggire una realtà che sentono difficile e non riescono a decifrare nella sua complessità! Hanno necessità di punti di riferimento credibili. È qui, dove voi non potete mancare, non trascurando l’aspetto spirituale. È bello che i nostri ragazzi sappiano fare tante cose, avere tante competenze, ma se noi non offriamo loro nient’altro, se neghiamo l’aspetto spirituale, ci occupiamo dei dettagli dell’esistenza. In talune culture, il processo di questo centro spirituale è semplicemente chiamato: “Imparare a essere umani”. Per noi questo centro è una persona: Gesù Cristo e il Vangelo, noi abbiamo cercato di farglielo scoprire, ma ora tocca a voi continuare quello che abbiamo iniziato! Tocca a voi continuare a riempire di significato quelle parole che loro hanno sentito in questi anni di cammino. Parole come: Dio, Padre, Gesù, Amore, Perdono, Attesa, Speranza, Perdono, Messa, Spezzare il pane, Sacrificio, Dono, Risurrezione, Vita Eterna. Sì caro genitore tocca proprio a te, anche se hai dei dubbi riguardo alla fede, se in fondo non credi mica tanto, se sei in una situazione familiare che è quella che è … devi continuare ad accompagnare tuo figlio, spetta a te perché sei genitore … alla fine ci sei tu, non puoi delegare, ma sempre chiedere aiuto! Anche per voi la nostra preghiera! Possiate con l’aiuto del Signore, guidati dallo Spirito Santo far scoprire la bellezza di credere in Gesù!
Da Domenica 3 Ottobre 
OTTOBRE MISSIONARIO 

Il mese di ottobre è particolarmente dedicato al tema missionario. Ogni anno questo appuntamento vuole alimentare la fraternità universale della Chiesa e diventa l’occasione per aiutare le nostre comunità cristiane e i tutti i credenti ad alimentare la propria “missione” nella Chiesa e nel mondo. Il tema che proponiamo per l’ottobre missionario di quest’anno viene a completare un percorso triennale di formazione missionaria che abbiamo pensato come sviluppo del Mese Missionario Straordinario voluto da Papa Francesco nel 2019. Per comprendere meglio il senso e il valore del tema proposto è bene ricordare la sequenza: “Battezzati e inviati”: riscoprire la vocazione missionaria che è di tutti i battezzati (2019); “Tessitori di Fraternità”: vivere il progetto di Gesù come discepoli che amano come Lui ha amato (2020); “Testimoni e Profeti”: annunciare il Regno di Dio, che verrà e che è già germogliato in mezzo a noi (2021). TESTIMONI E PROFETI: siamo chiamati a guardare questo tempo che viviamo e la realtà che ci circonda con occhi di fiducia e di speranza. Siamo certi che, anche nel mezzo della pandemia e delle crisi conseguenti che ci accompagneranno per molto tempo ancora, il Signore non ci ha mai abbandonato e continua ad accompagnarci. Il Regno di Dio non è solo una promessa per un futuro che sentiamo ancora troppo lontano. Il suo Regno è già inaugurato, è già presente: ne sappiamo leggere i segni e, da autentici missionari, lo facciamo conoscere perché sia una speranza rigeneratrice per tutti. Anche il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale ci esorta ad essere testimoni e profeti, con lo stesso coraggio di Pietro e Giovanni che, davanti ai capi del popolo e agli anziani, non hanno paura di dire: «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20). Papa Francesco dice: “Nel contesto attuale c’è bisogno urgente di missionari di speranza che, unti dal Signore, siano capaci di ricordare profeticamente che nessuno si salva da solo. Come gli Apostoli e i primi cristiani, anche noi diciamo con tutte le nostre forze: «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20)”. E più avanti Papa Francesco aggiunge: “I primi cristiani, lungi dal cedere alla tentazione di chiudersi in un’élite, furono attratti dal Signore e dalla vita nuova che Egli offriva ad andare tra le genti e testimoniare quello che avevano visto e ascoltato: il Regno di Dio è vicino. Lo fecero con la generosità, la gratitudine e la nobiltà proprie di coloro che seminano sapendo che altri mangeranno il frutto del loro impegno e del loro sacrificio. Perciò mi piace pensare che «anche i più deboli, limitati e feriti possono essere [missionari] a modo loro, perché bisogna sempre permettere che il bene venga comunicato, anche se coesiste con molte fragilità.
Da Domenica 26 Settembre

«La Gloria di Dio è l’Amore che rende capaci di amare» (Mario Delpini)
«Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio,
e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17, 3)
Ricominciamo da ciò che conta di più. Ricominciamo da quella parola che dà senso a tutto il resto. È la parola del Signore Gesù che ci affida il comandamento dell’amore, che ci assicura la vittoria e ci libera dal male, che ci fa conoscere chi è Dio e ci dona la gioia di vivere, perché uniti a Lui la vita è felice e dura per sempre. Comunicare questo messaggio ai ragazzi e alle ragazze che ci sono affidati è lo scopo del nostro fare comunità ed essere in oratorio. «Ama. Questa sì che è vita!». Che altro dire a bambini e ragazzi, a preadolescenti e adolescenti, perché possano crescere e maturare nella fede e nella vita? «Ama. Questa sì che è vita!» è lo slogan dell’anno oratoriano 2021-2022. Facciamo sintesi di quanto scopriamo nei capitoli dal 13 al 17 del Vangelo secondo Giovanni, in cui ritroviamo Gesù che parla e dice il cuore del suo messaggio, quello che Lui ha messo in pratica per primo dando la vita per i suoi amici. Accogliamo la sfida di rispondere all’emergenza educativa di questo tempo, puntando sulla forza Vangelo. Le parole di Gesù ci spingono a cambiare, a porci in relazione di amicizia e fraternità, gli uni con gli altri, a vivere reciprocamente il rispetto e l’affetto, uniti nell’amore e nella pace, facendo del servizio lo stile per crescere in oratorio, in famiglia e in ogni ambiente di vita, prendendoci cura gli uni degli altri. In oratorio si impara ad amarci gli uni gli altri, reciprocamente, secondo lo stile di Dio. Ascoltando Gesù, conoscendolo, incontrandolo, vedendolo – «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (cfr. Gv 14, 8) – possiamo fare esperienza di una vita piena e felice, perché si rivela in tutta la sua bellezza e perché viene offerta gratuitamente e donata agli altri con amore. Noi che crediamo nella forza del cambiamento che viene dall’aver incontrato il Signore, vogliamo affidare le parole di Gesù a tutti i ragazzi e le ragazze delle nostre comunità: sono i «messaggi irrinunciabili» che non possono mancare in oratorio e non possono non essere trasmessi alla mente e al cuore dei ragazzi. Chiederemo loro di capire quanto la Parola del Signore sia determinante per orientare la vita e compiere le proprie scelte. In questa nuova fase della storia, caratterizzata dalle conseguenze di una pandemia, che hanno toccato così tanto le giovani generazioni, soprattutto ragazzi, preadolescenti e adolescenti, siamo coscienti che i ragazzi hanno ancora più bisogno di “testimoni” che li sappiano entusiasmare, nello sforzo continuo e gioioso di incarnare e mettere in pratica la Parola del Signore, dimostrandone tutta la bellezza: «Ama. Questa sì che è vita!».
Quello che abbiamo loro da offrire è il messaggio forte del Vangelo, è la consegna di un comandamento nuovo: «Ama. Questa sì che è vita!». Se ami conoscerai Dio, saprai come è fatto, quali sono i suoi sentimenti e che cosa ti chiede; saprai che ha il volto di Gesù e che, conoscendo Lui, conosci il Padre; nessuno che lo abbia incontrato è rimasto deluso; chiunque lo abbia seguito ha avuto una vita piena e felice ed è diventato testimone dell’amore, della gioia, del perdono, dell’amicizia, di tutto quello che è giusto e vero. «Ama. Questa sì che è vita!». Lo diremo in questa situazione particolare, quando ancora subiamo gli effetti e il corso della pandemia, quando siamo chiamati a fare un primo bilancio delle sue conseguenze e a farci ancora una volta carico della vita dei ragazzi, con il coraggio e la lungimiranza di chi sa alzare lo sguardo e guardare lontano e nel profondo, alle parole che contano di più.

Da Domenica 19 Settembre


È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre, qui e in ogni luogo a te, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Il Signore Gesù ha reso partecipe la sua Chiesa della sovranità sul mondo che tu gli hai donato. La Chiesa è la madre di tutti i viventi, sempre più gloriosa di figli generati ogni giorno a te, o Padre, per virtù dello Spirito Santo. Ti rendiamo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. E noi abbiamo contemplato nel tuo Figlio condannato e crocifisso la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito, che viene da te, Padre, pieno di grazia e di verità. Grazie, Padre: la terra è piena della tua gloria!
Ti rendiamo lode, Padre, perché, innalzato da terra, attira tutti a sé. E tutti volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto. E tutti i popoli sono convocati perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua proclami Gesù è Signore, per la tua gloria, Padre. Grazie, Padre: ci hai salvati tutti con attrattiva d’amore. Ti rendiamo lode, Padre, perché nel tuo Figlio per la grazia dello Spirito Santo, formiamo un solo corpo e un solo spirito, fragile segno posto tra le genti perché siano annunciate a tutti gli uomini la vocazione alla fraternità e la speranza invincibile. Grazie, Padre: la tua Chiesa unita, libera, lieta continua a cantare le tue lodi. Ti rendiamo lode, Padre, perché l’enigma indecifrabile della storia e il libro sigillato delle vicende umane è stato aperto. Ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli. Grazie, Padre: possiamo cantare con tutti i santi un canto nuovo. Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, un regno di sacerdoti e regneranno sopra la terra. Ti rendiamo lode, Padre, perché hai accolto la preghiera del tuo Figlio: «La gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una cosa sola come noi siamo una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me» (Gv 17,22-23).

Da Domenica 12 Settembre

​

UNITA LIBERA LIETA

​

La proposta pastorale è l’anno liturgico: la celebrazione del mistero di Cristo, che si distende nel tempo che viviamo, rinnova la grazia della presenza della Pasqua di Gesù, il dono dello Spirito. Le situazioni sempre diverse e imprevedibili diventano, per il discepolo e per tutta la comunità cristiana, occasioni propizie per ascoltare ancora la Parola del Signore, ricevere luce per interpretare il cammino da compiere e forza per dare testimonianza. Le celebrazioni liturgiche possono radunare la comunità perché sia un cuore solo e un’anima sola, invitano ciascuno a conformarsi al Signore Gesù, a vivere nella sua gloria, a perseverare nella missione ricevuta. Celebrare non è solo imparare, non è solo motivare l’impegno, non è solo rito, non è solo raduno. È grazia, è opera di Cristo che dona lo Spirito, che insegna, che si fa cibo per la vita, gioia per i cuori. Non possiamo evitare la domanda: come celebriamo i santi misteri? Quale comunità, quale Chiesa si “forma” nella celebrazione? Rendersi disponibile alla grazia che viene offerta dalla celebrazione può essere il frutto della proposta pastorale. Intendiamo ripercorrere alcuni tratti di quel frutto della celebrazione che è la Chiesa, insistendo sulla relazione personale e comunitaria con Gesù che nelle celebrazioni si rende presente e ancora parla, prega, offre amicizia e salvezza, irradia la sua gloria. Per tutti è offerta la via dell’amicizia. Tutti sono chiamati a intervenire a quella cena che rende partecipi delle confidenze di Gesù. Chi accoglie l’invito a percorrere la via dell’amicizia sperimenta che la fede è un rapporto personale con lui: in questo rapporto, nel dialogo che ascolta tutto quello che il Signore rivela e che formula le domande e confida gli smarrimenti, il comandamento e la verità si rivelano come il dimorare del tralcio nella vite, piuttosto che come l’indicazione di adempimenti e la consegna di una dottrina. L’amicizia che Gesù offre e chiede non si riduce a un legame affettuoso di simpatia e compagnia: è la scelta di vivere condividendo la sua vita, praticando il suo stile, entrando nella comunione con il Padre che Gesù rende possibile. La lampada per illuminare i nostri passi è la Parola di Dio che la Sacra Scrittura rende accessibile a chi ascolta con animo semplice e grato. Propongo che per questo anno pastorale 2021/2022 ascoltiamo, leggiamo, meditiamo i capitoli 13–17 del Vangelo secondo Giovanni. Si tratta di testi di straordinaria ricchezza di rivelazione. Tutti abbiamo bisogno di essere aiutati perché la Parola di Gesù, offerta nella testimonianza apostolica, ci illumini, ci purifichi, ci raduni in unità.

Da Domenica 5 Settembre

​

UNITA LIBERA LIETA

 

«Come attraversiamo il tempo che viviamo, noi discepoli del Signore?»: si apre con questa domanda la Proposta pastorale 2021-22 dell’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini., libera, lieta. La grazia e la responsabilità di essere Chiesa: è il titolo del testo che tradizionalmente offre le indicazioni pastorali del vescovo per il cammino della Diocesi nei mesi successivi.

Con un inevitabile riferimento alla pandemia, e riprendendo una lettera dei presuli lombardi diffusa in settembre, monsignor Delpini suggerisce anzitutto alcuni “percorsi di sapienza”: imparare a pregare, a pensare, a sperare oltre la morte, a prendersi cura. Aggiungendo: «In questo tempo di prova e di grazia la Proposta pastorale intende convocare la comunità cristiana perché (sia) un segno che aiuta la fede e la speranza, proponendo il volto di una Chiesa unita, libera e lieta come la vuole il nostro Signore e Maestro Gesù».

Nella consapevolezza che «la lampada per illuminare i nostri passi è la Parola di Dio», l’Arcivescovo propone nella Lettera l’ascolto e la meditazione dei capitoli 13-17 del Vangelo di Giovanni, pagine in cui Gesù dialoga con i discepoli prima della Passione, un «invito a percorrere la via dell’amicizia» in cui chi segue Gesù «sperimenta che la fede è un rapporto personale con lui».

Da Domenica 14 Marzo
 
SIA FATTA LA TUA VOLONTA'
​
Non si tratta semplicemente
di compiere delle azioni buone,
ma di un modo di esistere
che coinvolge la persona nella sua totalità.
 
La terza invocazione del Padre Nostro ripete sostanzialmente le prime due, sottolineandone però maggiormente l’aspetto morale: «Sia fatta la tua volontà». Diciamo subito che per volontà di Dio non si deve intendere soltanto i comandamenti, la legge, ma il disegno di salvezza. Ma che cosa significa fare la volontà di Dio? E quale è il preciso contenuto della volontà di Dio? Per rispondere - o, meglio, per avvicinarci a una risposta - possono bastarci tre passi evangelici; due di Matteo e uno di Giovanni. Nel discorso della montagna si leggono queste parole di Gesù: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21-23). Dunque c’è chi parla continuamente di Dio («Signore,. Signore»), ma poi dimentica di fare la sua volontà. C’è chi si illude di lavorare per il Signore («abbiamo profetato nel tuo nome, cacciato i demoni e compiuto miracoli nel tuo nome»), ma poi scoprirà, nel giorno del rendiconto, di essergli sconosciuto («Non vi ho mai conosciuto: allontanatevi da me»). Con queste forti parole - e con la parabola delle due case che le illustra - Matteo probabilmente polemizza con certi entusiasti presuntuosi che avevano sempre sulle labbra il nome di Gesù, e che poi non concludevano nulla. C’è il rischio di una preghiera («Signore, Signore») che non si traduce in impegno («la volontà di Dio»), o di un accolto che non diventa pratica. Certo, Matteo non condanna la preghiera né l’ascolto. E’ anzi convinto che sono la radice della prassi cristiana. E tuttavia l’essenziale non è l’ascoltare e il dire, ma il fare. La differenza fra l’uomo saggio che costruisce la casa sulla roccia e l’uomo stolto che la costruisce sulla sabbia sta appunto nel “fare”. Con una precisazione: non un qualsiasi fare - neppure cacciare i demoni e operare i miracoli! -, ma fare la carità, come è appunto detto nel discorso della montagna e come è ribadito nel grande affresco del giudizio (Mt 25,31-46). «Le mie vie non sono le vostre», ripete spesso la Bibbia. Fra il progetto di Dio e il progetto dell’uomo non raramente si insinua una tensione. Fare la volontà di Dio può richiedere - a volte - un totale cambiamento dei nostri desideri. Un esempio è la preghiera di Gesù nel Getsemani, che riporto nella versione di Matteo: «E, scostatosi un poco, cadde con la faccia a terra e pregava dicendo: Padre mio, se è possibile passi da me questo calice. Però non come voglio io, ma come vuoi Tu» (26,39). Gesù è nell’angoscia e la sua preghiera la esprime. Non si tratta dell’angoscia del dubbio, ma quella dell’obbedienza dolorosa. La lacerazione non è fra obbedienza e disobbedienza. Gesù è costantemente in un atteggiamento di fondamentale obbedienza. Non lo sfiora il pensiero che l’uomo possa fare la propria volontà anziché quella di Dio. Nell’imminenza della passione, però, chiede che la volontà di Dio sia, se possibile, diversa. Si osservi, poi, come l’angoscia non metta in crisi la fede di Gesù. Anche in questa circostanza Egli non cessa di rivolgersi a Dio con l’appellativo “Padre”, che è stata la scoperta e la rivelazione più grande che egli ha fatto ai suoi discepoli. Nel Vangelo di Giovanni il tema dell’obbedienza è ancora più fortemente sottolineato. L’evangelista presenta Gesù come l’obbediente, la trasparenza della volontà del Padre. Suo cibo è fare la volontà del Padre. Un’immagine, questa, che dice la totalità dell’obbedienza. Fare la volontà del Padre, e non la propria, è la tensione di tutta la vita di Gesù, il punto verso cui tutte le sue azioni e le sue parole si protendono, senza distrazioni. Gesù sembra annullare radicalmente la propria volontà in una totale obbedienza, ma è proprio in questa obbedienza che egli ritrova la sua libertà e la sua consistenza di Figlio. Gesù è la “trasparenza” del Padre. Per questo è portatore di una rivelazione decisiva, nell’ascolto o nel rifiuto della quale l’uomo gioca il proprio destino. La conclusione è che la terza domanda del Padre Nostro fa riferimento a Gesù. Se la si vuole comprendere si deve guardare a Lui. E se ne deduce che fare la volontà di Dio non è semplicemente compiere delle azioni buone, ma è un modo di esistere. Coinvolge la persona nella sua totalità.
bottom of page